Blow up: l'arte si arrende alla finzione sullo sfondo della Swinging London, di Alexia Altieri
Blow up (1966)di Michelangelo Antonioni è un'opera articolata sulla dicotomia tra realtà e finzione. Un film neorealista che fa del voyeurismo il suo punto cardine e trova nel mezzo fotografico la sua più grande espressione. David Hemmings interpreta Thomas, il fotoreporter di moda al centro dell'intreccio costruito ad arte da Antonioni e reso suggestivo dalla sofisticata fotografia di Carlo Palma. In realtà, Thomas non è altro che un fantoccio, un "mezzo" attraverso cui la macchina fotografica – protesi dello sguardo – esprime la propria egemonia. Il personaggio di Thomas presenta tracce autobiografiche del regista stesso, il quale ebbe un passato da documentarista; a questo proposito, Antonioni ci pone di fronte alla contrapposizione tra il cinema esplicativo – volto all'interpretazione del reale – e quello, appunto, documentaristico che privilegia la pura registrazione dei fatti. Il film, ispirato ad un racconto dello scrittore argentino Julio Cortazar, racconta la storia di Thomas, l'affascinante e un po' cinico fotografo di moda, annoiato dalla vita mondana e in cerca di ispirazione. Un giorno, in un parco dell'East End, riprende furtivamente le effusioni di due amanti: sarà proprio questo episodio a generare in lui una sorta di ossessione ontologica per la realtà. La macchina fotografica imprime, casualmente, i contorni di quello che ha tutta l'aria di essere un mistero: tramite la tecnica di ingrandimento fotografico (blow up, appunto), Thomas scorge la sagoma di un killer, armato di pistola, tra le fronde degli alberi del parco e, in un secondo momento, a seguito di un ulteriore ingrandimento, intravede anche il corpo esanime di un uomo disteso sull'erba.
Il visibile e l'invisibile si intrecciano nella perdita della realtà. Il montaggio incalzante e i continui cambi di registro, contribuiscono allo spaesamento dello spettatore, che Antonioni invita a lasciarsi guidare dalle immagini, senza concepire il mezzo cinematografico come strumento di conoscenza ma piuttosto rafforzandone la pura funzione affabulatoria. Antonioni spiegò: "Il mio problema per Blow-up era quello di ricreare la realtà in una forma astratta, volevo mettere in discussione il "reale presente". Questo è un punto essenziale dell'aspetto visivo del film, considerato anche uno dei temi principali della pellicola, è il vedere o non vedere il giusto valore delle cose. Blow up è una recita senza epilogo, paragonabile a quelle storie degli anni Venti dove Scott Fitzgerald manifestava il suo disgusto per la vita. Speravo, durante la lavorazione, che nessuno potesse dire, vedendo il film terminato: Blow up è un lavoro tipicamente anglosassone".
Michelangelo Antonioni, sul cofano dell'auto, durante le riprese di Blow up.
L'anno è il 1966, e l'effervescente Swinging London – termine che indica l'insieme di tendenze e dinamiche culturali inglesi e in particolare londinesi degli anni Sessanta – di quel periodo incornicia il film dall'inizio alla fine. Alla radio passavano i Beatles e i Rolling Stones, e il gusto per il pop andava diffondendosi a macchia d'olio per le strade inglesi: gli anni Sessanta furono un periodo caratterizzato dall'ottimismo e dall'amore per l'arte, oltre che da un edonismo dal gusto puramente dandy. Cinema, fotografia e moda sono stati gli indiscussi protagonisti di quell'epoca, il cui epicentro diventò Carnaby Street – via londinese del quartiere di Soho ricca di atelier e frequentata dagli astri nascenti della musica pop. Grande impulso lo diede Mary Quant la quale nel 1955 aprì il negozio "Bazaar" a King's Road, nel quartiere di Chelsea, nel quale vendeva capi comodi e tanto corti da chiamarli "Mini" (prendendo spunto dalla sua auto, appunto una Mini). Ebbe straordinario successo e viene indicata appunto come l'inventrice di questa moda, anche se altri proclamarono di essere i veri ideatori.
Mary Quant a tal proposito dichiarò: "Nè io, né Courrèges (André Courrèges, stilista francese NdA) abbiamo avuto l'idea della minigonna, è stata la strada ad inventarla". Di sicuro la Quant per lanciare questa moda usò come modella quella che fino all'anno prima era stata una semplice parrucchiera, la diciassettenne Lesley Hornby, poi nota come Twiggy (ossia "stecchino", vista la sua magrezza) Lawson e successivamente divenuta famosissima.
In ogni caso, alzare la gonna di 5 cm ha cambiato la storia della moda, incitato la liberazione dei costumi e la ribellione a tutte le restrizioni imposte dalla società perbenista. Finalmente, le donne hanno potuto liberarsi dall'asfissiante morsa dei corsetti e dall'estenuante tortura dei tacchi alti – puntando alla comodità di sfavillanti collant colorati, scarpe piatte, capelli corti e – ovviamente – sensuali minigonne. Del resto, la moda influenza da sempre i cambiamenti del ruolo che la donna ha ricoperto nel corso degli anni nella società: se la minigonna ha rappresentato, essenzialmente, un incoraggiamento alle donne ad essere sé stesse, e quindi ad avere piena consapevolezza della propria femminilità e pieno controllo del proprio corpo e della propria sessualità, l'introduzione dei pantaloni dal taglio femminile sono stati, a loro tempo, simbolici dell'introduzione della donna al mondo del lavoro e dello sport. Allo stesso modo, il recente utilizzo che le donne fanno dei tailleur dal taglio maschile è emblematico dell'accesso delle stesse a ruoli professionali di natura dirigenziale.
Nel film di Antonioni la minigonna c'è, ed è volutamente resa manifesto della libertà femminile: le protagoniste di Blow up giocano, disinvolte, con la propria sessualità, si concedono per soddisfare i propri fini e si abbandonano ad avventure extra-coniugali. Il personaggio di Jane, interpretata da Vanessa Redgrave, è particolarmente emblematico: indossa una minigonna al parco, mentre si scambia clandestine effusioni con il proprio amante visibilmente più anziano di lei; indossa una minigonna anche quando si concede a Thomas per poter ottenere in cambio il rullino fotografico contenente le prove di quell'incontro proibito. Jane è una donna emancipata e trasgressiva, frutto di un passato proibizionista. Antonioni, attraverso la figura di Thomas, imprime su pellicola un realistico ritratto dell'epoca della pop art – stile caratterizzato principalmente dall'ingrandimento di forme e immagini – e ci mostra un mondo patinato, fatto di modelle, eccentrici artisti, sogni realizzabili e dall'abulia di chi lo abita. Blow up sembra essere una sorta di viaggio allucinogeno tra le contraddizioni di quegli anni, in cui il protagonista, sempre in bilico tra il sogno e l'incubo, ci suggerisce l'inconoscibilità della realtà. L'arte, e quindi il cinema, si arrende alla finzione – questa la morale dell'opera di Antonioni, il quale si congeda dallo spettatore proprio attraverso un'ultima scena in cui la realtà virtuale fa da sovrana, nel corso di una partita di tennis, giocata senza racchette e senza palle.
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