La vendemmia, di Celine Dissard Laroche
La vendemmia è il momento culminante dell'annuale ritualità della coltivazione della vite e della produzione del vino. La raccolta dei grappoli di uva matura e rigogliosa è, da sempre, accompagnata da festeggiamenti nei quali riecheggiano gli antichi riti dionisiaci. Nella mitologia dell'antica Grecia, Dioniso, che i Romani ribattezzeranno Bacco, èconsiderato il dio del vino. Bevuto per caso il succo d'uva spremuto in un tazza d'oro, si accorse che il suo corpo era percorso da uno slancio vigoroso e vitale. Pervaso da un'eccitante ebbrezza, lui e le Ninfe si misero a ballare e a correre nei dintorni. Da allora, ad ogni raccolta dell'uva, valli e boschi risuonano dei canti e delle grida gioiose dei compagni di Dioniso, ambasciatori presso gli uomini del vino, uno splendido dono degli Dei. Nascono con Dioniso i Baccanali, feste orgiastiche della vendemmia durante le quali tutto il corteo, ma soprattutto le donne invasate e inebriate dal vino, si abbandonavano a danze frenetiche, suonando cembali e timpani ed emettendo il grido rituale "evoè".
Particolare del Trionfo di Bacco di Pietro da Cortona (1625 circa, Pinacoteca Capitolina, Roma)
Con queste premesse mitologiche, la vendemmia con il suo seguito di ritualità e di baccanali non poteva che ispirare molti racconti. Non è sorprendente allora trovare diverse rappresentazioni cinematografiche della festa della raccolta dell'uva. Troviamo il tema della vendemmia ne Il profumo del mosto selvatico, una produzione del 1995 per la regia di Alfonso Arau e con Keanu Reeves, Anthony Quinn, Aitana Sanchez-Gijon e Giancarlo Giannini, la cui sceneggiatura è stata ispirata da uno dei migliori esempi del neorealismo italiano, il classico Quattro passi fra le nuvole diretto nel 1942 da Alessandro Blasetti su un soggetto di Cesare Zavattini.
Paul, un reduce della Seconda guerra mondiale, durante un viaggio in treno incontra Victoria, figlia di un ricco viticoltore della Napa Valley, in cui sono girate le principali scene del film. La Napa Valley è la zona vitivinicola più famosa della California, tale da farla considerare come sinonimo di vino americano. Basata sulla produzione di vitigni così detti "internazionali", (Chardonnay, Sauvignon Blanc, Riesling, Cabernet Sauvignon, Pinot Nero, Merlot), la Napa Valley è apprezzata nel mondo per lo stile altrettanto "internazionale" dei suoi vini, dai bianchi ai rossi, e perfino vini spumanti prodotti con la tecnica del metodo classico, la stessa utilizzata dai francesi per la produzione dello Champagne. In questo scenario moderno, trova spazio anche un'uva antica e che oramai è considerata come autoctona degli Stati Uniti d'America perché coltivata lì dalla metà dell’800: lo Zinfandel (recenti studi genetici hanno invece rivelato che lo Zinfandel è lo stesso vitigno del nostro Primitivo, che a sua volta sembra originario della Croazia).
Nel film Victoria deve tornare, dopo un periodo di studi all'università, proprio nelle zone di produzione dello Zinfandel. Ma il ritorno è difficile: la giovane donna aspetta un figlio illegittimo dal suo professore e teme la reazione del padre. Paul decide di accompagnarla a casa e farle da "marito temporaneo", per rabbonire il padre, geloso della figlia e irritato per non essere stato avvertito. Avrebbe dovuto fuggire già l'indomani. Ma la vendemmia finisce per ritardarne la partenza. È proprio durante una dionisiaca festa dell'uva che Paul viene preso dal clima accogliente della famiglia contadina, dalla bellezza dei paesaggi e soprattutto dall'invadente e inebriante sensualità di Victoria, che lo coinvolge nel clima orgiastico del baccanale.
La festa della vendemmia segna il passaggio cruciale del film. Dopo quel momento sappiamo che Paul avrà una vita nel vigneto, con Victoria. Anche quando l'inganno del finto matrimonio verrà scoperto; anche quando Alberto, il padre di Victoria, infuriato, lo assale con una lampada a petrolio che finisce nel vigneto e lo incendia; anche quando tutto sembra perduto, sappiamo che Paul riuscirà a strappare alle fiamme una vecchia radice che consentirà di rimettere a dimora il vigneto, che rivivrà portando nuove vendemmie. In maniera meno romantica, più spigolosa e difficile, la vendemmia è al centro anche della storia raccontata ne I giorni della vendemmia, opera prima del regista Marco Righi con Lavinia Longhi, Marco D'Agostin, Gian Marco Tavani, Maurizio Tabani, Claudia Botti.Girato in digitale nel 2010, a San Polo d'Enza, Masone e Gavassa,questo film è considerato un caso di successo per il cinema indipendente italiano, visto che ha riscosso numerosi premi anche all'estero. Siamo nel 1984, in un settembre ancora assolato della provincia rurale emiliana. Vediamo i luoghi di produzione del Lambrusco Reggiano DOC; un vino che, con il suo colore rosso rubino intenso, con quel profumo vinoso e di cantina, con quei sentori di frutti rossi che contrastano con un fondo acidulo, sembra lo specchio di un territorio dai contrasti caleidoscopici. Un territorio ruspante e rurale, dove la lentezza delle abitudini è interrotta dalla ritualità dei momenti di produzione del vino. I vigneti pieni di uve mature abbracciano e incoraggiano l'inquietudine del giovane protagonista,Elia, un adolescente che vive con i suoi genitori: William, molto vicino al marxismo; Maddalena, donna molto devota; la nonna Maria e il fantasma di un fratello maggiore, Samuele, che non torna ormai da un anno.
La vendemmia è il momento in cui tutte le attività diventano febbrili e inusuali. A vendemmiare arriva anche Emilia,giovane e maliziosa cittadina. Più grande di Elia, stile urbano, sensualità prorompente, la ragazza, come una Ninfa di Dioniso porta in dote il cambiamento, la sorpresa, la scoperta del corpo, degli altri, della vita. Sono i tempi e i modi della vendemmia a incorniciare un turbine di sensualità che sconvolge il quotidiano di Elia, ad aiutare il cambiamento che tutti abbiamo provato in età adolescenziale. La narrazione è restituita allo spettatore attraverso una fotografia ruvida e mai compiacente, un linguaggio semplice e vernacolare, che si accompagnano però ad una esuberante capacità di raccontare.
La vendemmia e la sua inebriante forza sono qui, come ne Il Profumo del mosto selvatico, il contesto nel quale la vita dei protagonisti si dibatte tra dubbi e conferme, tra incomprensioni e ricerche di senso. Perché la vendemmia rende evidente un ciclo vitale, da festeggiare e da vivere ogni anno. E, se siamo attenti, ritroviamo la vendemmia e la sua ciclica vitalità in ogni bicchiere di vino che la fortuna ci mette davanti agli occhi e vicino al cuore.
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